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Smegma Bovary: «Coppa del nonno» [RECENSIONE]

«Coppa del nonno», inciso dalla Doremillaro, è l’ultimo album della band catanese Smegma Bovary, formata da Emiliano Cinquerrui, Francesco Lima (sostituito adesso da Marcello Caudullo) e Giuseppe Schillaci. Recensione di Davide Miccichè.

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A settembre dello scorso anno è uscito Coppa del Nonno, il «nuovo imbarazzante disco degli Smegma Bovary», come recita orgogliosamente la reclame della loro pagina facebook, dando così le (presunte) coordinate per un viaggio tra bassifondi culturali e musicali  che è ormai prassi comune definire “trash”, un gioco al ribasso che, nel loro caso, suona un po’ insincero (o furbo) dato che, come vedremo, il disco non è imbarazzante se non in maniera consapevole e voluta, ma anzi in più di un momento piuttosto riuscito.

Per chi non li conoscesse: band catanese di synth pop senile (come amano definirsi), composta da Emiliano Cinquerrui alla voce, Francesco Lima alla chitarra (recentemente sostituito da Marcello Caudullo), e Giuseppe Schillaci al synth; proprio Schillaci è il deus ex machina della Doremillaro – l’etichetta indipendente con cui gli Smegma Bovary incidono – la stessa di Mapuche, Bestiame, Werto e altre realtà locali, tutte più o meno correlate tra loro.

La band si presenta nei loro live con una strumentazione ridotta al minimo e un’enfasi al massimo, sciorinando canzoni pop sguaiate ed eccessive in puro stile anni ’80, quelli di Vittorio Salvetti e del Festivalbar all’arena di Verona, di Claudio Cecchetto e di Deejay Television, di Sandy Marton e degli assoloni di chitarra; insomma, di tutta quella paccottiglia che, volente o nolente, una generazione ha subìto ed infine – per una forma di sindrome di Stoccolma (il soggetto che ne è affetto prova sentimenti positivi nei confronti del proprio aggressore) – amato.

Le canzoni del primo album erano, quindi, uno sciorinare di (bei) riffettoni di tastiera, batterie elettroniche, chitarre in overdrive che facevano da stridente contrasto coi disturbanti testi di Cinquerrui («ascolto le canzoni di Pezzali, sognando di scuoiare gli animali» cantava in Massimo Pezzali appunto, dedicata al Max nazionale degli 883), declamati con uno stile salmodiante che aveva più di un punto in comune con quello di Lindo ferretti dei CCCP.

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Il registro cambia, in parte, con questo Coppa del nonno e decisamente in meglio.
Registrato allo Zen Arcade di Catania e mixato dallo stesso Schillaci, l’album si dimostra molto più vario e scorrevole del precedente, meno zavorrato di riferimenti a tutti i costi a quel fatidico decennio (a eccezione della pur godibile Nella luce e del singolo Igiene orale), si riducono anche le influenze ferrettiane nel cantato (non sono mai stato un suo fan) per lasciar spazio a quelle del mai troppo compianto Freak Antoni degli Skiantos e, in definitiva, le canzoni sembrano molto più indovinate.

Si parte con l’orecchiabile pop-rock di Il mio dovere e si prosegue con il primo capitolo del trittico funkeggiante dell’album, Dicono sia normale (gli altri due sono, nell’ordine, Olocausto ed Eschaton), versante questo che è, a mio parere, il migliore degli Smegma: ritmi “facili” e cadenzati, bassi pulsanti, synth rétro (anni ’70 più che ’80), chitarra sincopata e su tutto Cinquerrui che “ci sta dentro” e segue il groove intonando i suoi testi naif o intellettuali, a seconda dei punti di vista («Nell’angoscia del reale bevo acqua minerale» canta in Eschaton).
Io spero che in futuro percorrano maggiormente questa via.

Si viene poi spiazzati dal bel lento “un disagio da poco”, ballata crepuscolare inframmezzata da una chitarra distorta che ne aumenta la tensione drammatica, e ci si ritrova catapultati a Superclassifica show con la già citata Nella luce, emblema di Smegma Bovary: suoni che più sintetici non si può, cori da stadio, sbrodolamenti chitarristici e un inappropriato tono scanzonato su temi terribili («tu sei fantastico col teratoma cistico»).

Nonostante questo, o proprio per questo (nuovamente sindrome di Stoccolma), la canzone piace e ti sorprendi a canticchiarla, proprio tu che, per citare gli Skiantos, «hai il palato fine e non ammetti le canzoni più cretine».

Stessa dicotomia in Precetti, dove si canta di furti di sperma che non promettono felicità su una lounge music da Costa Crociere, facendomi così tornare alla mente il duo rock underground americano dei Ween, specialista nell’accostare musica mainstream a testi e temi discutibili (celebre la loro The Hiv song, un’allegra musichetta da luna park e le sole parole “AIDS” e “HIV” a fare da contorno).

Concettualmente, se non proprio stilisticamente, ritengo gli Smegma Bovary molto vicini a quest’attitudine caustica che può comprensibilmente irritare qualcuno, non apprezzandone gli innumerevoli input criptici che appesantiscono una musica che è per sua stessa natura di facile consumo, e che tradiscono forse un continuo gioco intellettuale da decodificare necessariamente per poterne usufruire.

Sono questioni pertinenti a cui, però, non so e non voglio rispondere, limitandomi a consigliarvi di dare semplicemente un ascolto a Coppa del nonno: alcuni pezzi sono davvero niente male.
Per tutto il resto, come cantava qualcuno, «sono solo canzonette, non mettetemi alle strette».

Coppa del nonno: smegma bovary

 

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