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L’ottico di Lampedusa: recensione

Un ottico divenuto un eroe, un onesto cittadino che abbandona l’indifferenza per l’impegno civile, un reportage che si trasforma in romanzo sociale: questo è «L’ottico di Lampedusa» di Emma-Jane Kirby, edito da Salani. Un romanzo la cui lettura è consigliata perché in grado di sensibilizzare e far riflettere sul tema dei migranti, ma è proprio nella trasposizione dei personaggi dal reale alla finzione narrativa che la scrittura fluida e ben costruita della Kirby rivela i suoi limiti [ recensione di Guglielmo Paradiso]

Ci sono romanzi che sono dei capolavori senza tempo e altri che, pur essendo gradevoli e ben scritti, non riescono a raggiungere l’apice artistica al quale ogni opera narrativa aspira ad arrivare.
Tra questi ultimi possono essere annoverati anche i romanzi utili, utili perché le loro trame servono a far riflettere, ad aprire menti e coscienze verso temi sociali, a far comprendere meglio l’epoca nella quale viviamo.

L’ottico di Lampedusa di Emma Jane Kirby, edito da Salani, è un’opera ben scritta, un romanzo utile, appunto, per risvegliare la coscienza civile ma non certo un capolavoro.
Un’opera il cui merito – estremamente importante in tempi come questi, nei quali molti cuori si lasciano contaminare da odio, sospetto e xenofobia – è romanzare la tragedia che si svolge giornalmente nel Mediterraneo: gli sbarchi sulle coste italiane di disperati in fuga da guerre e povertà.

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Da ottico a salvatore.

Il protagonista del libro è Carmine, un ottico napoletano che ha preferito svolgere il mestiere a Lampedusa, affinché il suo amore per il mare possa essere reso ancor più gradevole dalla tranquillità e dalla monotonia che la piccola isola gli assicura.

Sebbene Carmine sia talentuoso, diligente al limite della pignoleria, nell’aprire gli occhi altrui, non riesce a vedere al di là della sua amata Lampedusa per ciò che concerne i fatti del Mondo, verso i quali è fermamente intenzionato a restare miope.
In un fatidico giorno, durante una gita in barca, l’essere testimone di un naufragio al quale presterà soccorso insieme ai suoi amici, risveglierà in lui la coscienza, fino a quel momento accecata dalla routine quotidiana, e l’ottico scorgerà finalmente i problemi che affliggono l’umanità al di là del suo tanto caro orizzonte.
Cosa accadrà adesso a coloro che Carmine e i suoi amici hanno sottratto alla furia del mare?
Cosa si sarebbe potuto fare quel fatidico giorno per salvare più vite?
Come evitare che la tragedia si ripeta?

Ecco le domande che incalzeranno il protagonista fino all’ultima pagina, e che finiranno per scuotere anche l’anima del lettore.
Ed è proprio questo lo scopo dell’autrice, Emma-Jeane Kirby, rinomata reporter della BBC: combattere l’indifferenza e risvegliare le coscienze, romanzando una tragedia realmente accaduta.
Sebbene questo scopo sia stato raggiunto – tant’è che, non a caso e meritatamente, il romanzo della Kirby è diventato un caso editoriale in Francia e Inghilterra – nella cronaca romanzata del naufragio, avvenuto il 3 ottobre 2013, risiede tanto il pregio dell’opera quanto il suo stesso limite.

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L’amore dei giornalisti per il romanzo sociale

L’ottico di Lampedusa è frutto di quel ridestato interesse per il romanzo sociale, che coinvolge soprattutto i giornalisti.
E quando un informatore si fa narratore può accadere, come nel caso della Kirby, che nonostante la scrittura sia fluida e la trama ben strutturata non riesca a dare vita a un habitat narrativo abbastanza immersivo o a un protagonista credibile.

Proprio il protagonista rivela tutti i limiti dell’opera e dell’autore: nel prendere spunto dalla realtà e dalle interviste effettuate a Lampedusa per il suo reportage, nel trasformare un uomo reale come Carmine Menna in un personaggio narrativo, la Kirby lo riduce – per dirla alla Vincenzo Cerami – a tinca, non riuscendo a penetrare nella vastità e nella complessità dell’anima di un italiano del Meridione.

Se l’homo sapiens “Carmine Menna” è un uomo finalmente sano, che ha trovato nell’impegno civile la propria ragione d’esistere in quanto parte dell’intera comunità umana, l’homo fictus “l’ottico di Lampedusa” è un essere piatto – tanto prima quanto dopo il risveglio della propria coscienza – ossessionato inizialmente dal voler restare prigioniero della propria routine, e in seguito dall’evidente disturbo post traumatico.

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Un’opera catartica ma non un capolavoro

Tuttavia, nonostante le evidenti lacune che impediscono al libro di essere un capolavoro, L’ottico di Lampedusa di Emma-Jane Kirby, edito da Salani, resta un valido romanzo sociale contemporaneo, un’opera da leggere soprattutto nelle scuole, per il suo evidente potere di far riflettere, con ritrovata sensibilità, sulla tragedia dei migranti.

In un’Italia divisa, come direbbe il mio fraterno amico Lucio Arzon, «tra chi ha poco cuore e chi ha poco cervello», l’indifferenza è la madre di tutti i mali.
Ed è proprio quando viene a mancare l’empatia e lo spirito di solidarietà di un popolo che la letteratura rivela tutta la sua forza catartica, perché una società che riflette sulle proprie e altrui afflizioni è già a un passo dal risolverli.

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