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Formazione professionale in Sicilia, Assofor e Iform Confimpresa sollecitano alla Regione la costituzione di un tavolo di confronto

Assofor e Iform Confimpresa Italia hanno diramato una nota congiunta, inviata ai presidente della Giunta e dell’Assemblea regionale siciliana, agli assessori regionali dell’Istruzione della Formazione professionale nonché della Famiglia, delle Politiche sociali e del Lavoro ed al presidente della V commissione all’Ars per chiedere la costituzione di un tavolo di confronto permanente sul tema della formazione professionale. “Proviamo a fare luce e fornire la corretta lettura alle dichiarazioni a mezzo stampa di talune organizzazioni datoriali (Federterziario Sicilia, Forma Sicilia, Cenfop Sicilia, Forma.Re., Asef, A.N.FO.P. Sicilia) – si legge nella nota a firma dei presidenti Antonio Oliveri e Giuseppe Maria Sassano – che si accreditano quali rappresentative degli operatori del settore dell’istruzione e formazione professionale siciliana, senza però palesare all’opinione pubblica dati a supporto, a partire, appunto, dalla loro reale rappresentatività, e nemmeno mettendo in campo idee che aiutino soprattutto chi ha il compito di governare e amministrare. Un’azione mediatica che ha totalmente spostato l’attenzione su una sterile polemica che di certo non fa bene all’intero settore strategico della formazione risultando soltanto pretestuosa e priva di contenuti. Per essere in discontinuità con lo “stile” di chi ci ha preceduto, premettiamo che le scriventi, finora rimaste in ascolto, a cui aderiscono anche istituzioni scolastiche accreditate, decine di enti e agenzie per il lavoro accreditati sia di piccole che di medie e grandi dimensioni, sono di gran lunga le prime Organizzazioni di rappresentanza e coordinamento datoriale in Sicilia e in Italia, secondo i dati pubblicati dal Ministero del lavoro e Politiche sociali. Falso e strumentale è affermare, innanzitutto, che in questa Regione d’Italia – prosegue la nota – ci sia una pur lecita posizione dominante di una o più Istituzioni formative, essendo tutti i soggetti operanti e di maggiori dimensioni ben al di sotto delle soglie ipotizzate dalle norme a tutela della concorrenza, anche in una prospettiva futura, viste pure le difficoltà di contesto e il crescente calo demografico. E anche se così fosse, la normativa in vigore vieta l’abuso di tale ipotetica posizione. Le citate organizzazioni sono state puntualmente invitate a presentare e provare le proprie affermazioni presso le autorità preposte alla vigilanza in materia, senza alcun esito. Quello che, a questo punto, viene da pensare è proprio l’esatto opposto di quanto i citati “sbandieratori” vorrebbero farci credere, visto anche come da qualche tempo stanno agendo, in sodalizio. Costoro dovrebbero sapere, infatti, che la posizione dominante si determina anche attraverso accordi di cartello tra più enti con quote di finanziamento apparentemente irrilevanti rispetto alle soglie ipotizzate, per cui, semmai, è da parte di costoro che potrebbe determinarsi un abuso di tale posizione. Sia pure in un momento di difficoltà complessiva della Regione, allorquando si devono avviare importanti azioni di programmazione, gestione, monitoraggio e rendicontazione, in post-pandemia, rimediare ad errori del passato, dotare la macchina amministrativa di risorse umane in quantità e competenza, tramite un’azione solidale e unita delle parti sociali, di concertazione con le istituzioni preposte, lascia basita la volontà di favorire divisioni e contrapposizioni, di indicare azioni lesive e limitative rivolte contro colleghi di altri Enti, per trarne un vantaggio per il proprio, chiedendo supporto alle Istituzioni, che sono e rimarranno – ne siamo certi – al di sopra di tutte le parti, a garanzie dei diritti e delle libertà fondamentali, quali sono la libera iniziativa economica, la concorrenza e il diritto di stabilimento. I finanziamenti sono e devono essere assegnati sulla base delle libere scelte degli utenti siciliani, in proporzione diretta alla numerosità degli iscritti e sulla base di unità di costo standard fissate dall’amministrazione, sulla scorta di criteri valutativi che premiano la qualità, la diversificazione, la capacità logistica, organizzativa e di inclusione del soggetto promotore. Senza prevaricazioni e senza sbarramenti. Senza discriminazioni. Malcelata è l’approssimazione con cui vengono portate e argomentate certe affermazioni. L’incapacità di orientare in modo neutro e imparziale: allievi, famiglie, istituzioni, opinione pubblica. Questo è emblematico per coloro che si propongono il compito di educare, senza poi essere capaci per primi a dare il buon esempio. In particolare, rispetto alle attività per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, il rigore e l’onestà morale dovrebbero essere poste al massimo livello, perché è in gioco il futuro accrescimento di giovani minori, il loro successo formativo e lavorativo!!! Sbagliato, infine, è stato dichiarare lo stato di crisi di un comparto, a cui potrà corrispondere la mobilitazione dei lavoratori, se fatto per procurare pregiudizio a taluni soggetti, che si chiede di limitare con un tetto massimo alle attività espletabili pur avendo i relativi allievi (consapevolmente) iscritti anche in continuità, senza una valida ragione, ma solo per trarre un ingiusto vantaggio per sé stessi e/o un danno per gli altri. Pur avendo avuto esito negativo il ricorso da loro promosso. A parte il “tetto”, nella dichiarazione non avanzano altre proposte! Nella medesima lettera dei datoriali si palesa pure un secondo fine. Ovvero quello di avere abbuonati dallo Stato o dalla Regione contributi previdenziali figurativi oggi reclamati dall’INPS e non versati, in un momento storico in cui gli Enti firmarono accordi con il Sindacato per sospendere, ma far rimanere in organico il personale, consentendo così all’ente di mantenere l’accreditamento necessario a poter partecipare agli Avvisi pubblici e/o non perdere gli affidamenti già ricevuti. E che cosa può rappresentare quindi la dichiarazione dello stato di crisi se non la pericolosa ammissione degli enti rappresentati della propria impossibilità di adempiere alle obbligazioni verso i terzi, della carenza di solidità finanziaria o economica necessaria a fornire stabilità didattica e occupazionale, inclusa la capacità di proseguire commesse pubbliche o assumere nuovi finanziamenti? Questa improvvida uscita conferma, ancora una volta, che non tutti gli Enti sono uguali e, nonostante le difficoltà e i ritardi, c’è chi riesce ad affrontarle in modo manageriale e chi invece non riesce, commette errori grossolani e, nonostante ciò, pretende vantaggi, sconti e scorciatoie e si sente legittimato nel giudicare il lavoro altrui pretendendo addirittura di limitarne le attività. Al fine di affrontare queste e altre tematiche, quelle vere dei diversi problemi del settore, CHIEDIAMO l’istituzione di un tavolo di confronto permanente del settore formazione professionale e politiche attive del lavoro, a tutela di tutti gli operatori del settore, al fine di scongiurare un’altra stagione di ricorsi paralizzanti e la tenuta sociale dei servizi formativi e del lavoro privati che operano in stretta sinergia e collaborazione con i servizi pubblici. A tal fine, in attesa di un cortese riscontro e di una VS convocazione, anche congiuntamente alle altre OO.DD. che lo hanno richiesto, porgiamo distinti saluti.

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